E’ capitato a ciascuno di noi – penso – di incontrare sul proprio cammino persone disposte a fare qualsiasi cosa pur di ferirci.
A me è successo più di una volta, e in ognuna di quelle occasioni mi sono sentita persa, avvilita, persino attonita…
Più tenevo alla relazione e maggiore è stato l’impatto dei gesti o delle parole.
Quando sono giudizi che ti colpiscono nel profondo poco conta se la persona che li ha espressi si renda o meno conto dell’impatto che questi possono avere, poco conta se c’è la malizia e intenzionalità o soltanto una totale mancanza di consapevolezza, amore e senso critico.
Poco conta.
Quello che resta è il dolore e lo scoramento.
Almeno all’inizio……
Si, perchè poi con il passare del tempo e con un pò di lavoro su di sè si può andare a fondo di quanto accaduto e dell’impatto emotivo che atti, parole, giudizi e violenza hanno avuto: si può anche iniziare a vedere come da esperienze così negative non solo ci si possa rialzare, ma si possa anche trovare la spinta e la motivazione per cercare con ancora maggiore determinazione la felicità.
Consapevolezza dunque come sempre, è la parola d’ordine!
E poi lavoro, ricerca, desiderio di capire, di migliorarsi e di sfruttare tutte, ma proprio tutte le esperienze affinchè siano degli insegnamenti.
Questa è la storia del mio cambiamento, quello vero, quello che mi ha portata ad essere quello che sono, nel bene e nel male: sono io!
Sono sempre stata una persona in cerca di relazione, di amicizie e di rapporti autentici.
Per me l’aiuto e l’attenzione agli altri sono valori importanti che ho cercato nel mio piccolo e nella quotidianità di mettere in pratica!
Come ogni valore che si rispetti se non è calato nella nostra vita e se non ne diventa parte fondante, resta solo una bella parola di cui gloriarsi, o al peggio una scusa da utilizzare quando si vuole evitare altro.
Un giorno, parecchi anni fa una persona a cui (in quel momento) tenevo molto mi ha detto che il mio essere presente per familiari e amici, la mia gioia nell’aiutare gli altri erano certamente determinati da qualcosa che non funzionava in me, da qualcosa di sbagliato, da problemi non risolti….
Insomma, una sorta di patologia, di malattia, di devianza! 😳
La mia prima reazione di fronte a questo giudizio è stata di sorpresa, ma ben presto questa emozione ha lasciato spazio alla tristezza, allo scoramento, allo sconforto.
In qualche modo nel profondo sapevo che non poteva esserci niente di così terribile nel ricercare la vicinanza delle persone a cui volevo bene nè tanto meno nell’essere loro di aiuto.
Purtroppo in quel periodo della mia vita non avevo ancora lavorato abbastanza su di me per dare credito a quella vocina sottile che sentivo nel profondo e che mi diceva quanto fosse positivo ciò che provavo, quindi c’è voluto davvero tanto tempo e tanto lavoro per arrivare a capire che forse un pò di credito la vocina poteva averlo.
E così con la determinazione che mi contraddistingue, da quell’episodio che ricordo ancora come se fosse capitato ieri è iniziata la mia ricerca e con essa la mia rinascita.
Ho deciso di esplorare quella che era stata definita come una “debolezza”, di capirla meglio, di affrontare tutto il negativo che poteva rappresentare….
Ho immaginato che avrei incontrato difficoltà che sarei riuscita a guarire, a cambiare, per diventare più sicura di me, una persona migliore, se solo mi fossi sbarazzata di quel problema….
Ho scoperto invece con mia grande sorpresa, piano piano, un passo alla volta, che amare, aiutare gli altri e stare in relazione non è una debolezza, non è un modo per evitare di confrontarsi con se stessi, non è un’incapacità di stare con quello che c’è.
Ho scoperto che si può volere bene a se stessi anche se si sta attenti a chi ci circonda.
Ho scoperto che non si toglie niente a nessuno se si è gentili e presenti.
Ho scoperto che ci sono molte persone che come me amano stare in relazione con il prossimo senza avere alcun problema psicologico o patologico a cui dare risposta.
Ho scoperto che a volte l’amore e l’aiuto che si da non tornano indietro, e che mi va bene anche così, che se le persone lo prendono è perchè ce n’è in abbondanza da prendere.
Ho scoperto che è SCIENTIFICAMENTE PROVATO che chi fa qualcosa per gli altri migliora il proprio benessere e la propria vita, ma che questo non è di per sè un fatto negativo.
Ho scoperto che nell’aiutare gli altri spesso c’è anche un aspetto di egoismo, perchè la gratitudine ci gratifica, quindi non sempre c’è una completa gratuità in ciò che si fa, ma del resto siamo umani!
Ho deciso di guardare tutto ciò, di non perderlo di vista e di apprrezzarne tutte le sfumature perchè sono quelle che danno corpo, prospettiva e profondità al reale, proprio come accade davanti ad un bel dipinto!
Ho deciso che vado bene così, che ho moltissimi difetti su cui voglio migliorare, ma che aiutare gli altri anche con qualche piccolo sacrificio personale non è uno di quelli!
Tutta questa ricerca (e molto altro) mi ha aiutato a capire che dovevo sfruttare ciò che avevo scoperto: ho avuto delle informazioni preziose su di me, su chi volessi continuare ad essere e ancora di più su chi volessi diventare.
Ho capito che il lavoro che ho fatto su di me poteva diventare il MIO lavoro, la mia professione, il mio obiettivo eccellente!
E per “obiettivo eccellente” intendo un obiettivo che sia buono per me e che sia un “battito d’ali” nel mondo.
Un piccolo contributo, il mio.
Non sono solita raccontare esperienze personali: oggi l’ho fatto perchè in questo momento della mia vita sto iniziando davvero ad unire alcuni puntini (come direbbe il grande Steve Jobs…)!
Quei puntini che quando li vivi in prima persona e sulla pelle ti sembrano delle grandi disavventure, dei dolori insuperabili e a volte sono davvero delle delusioni profonde!
Ebbene “you can’t connect the dots looking forwards, you can only connect them looking backward”, non puoi pensare di unire i puntini guardando avanti, lo puoi fare soltanto guardando indietro, e allora eccomi qui!
Non puoi capire il significato profondo di ciò che ti accade nel momento in cui ti accade, devi attendere, lavorarci su, dare fiducia alla vita, stare dentro alla tristezza e alla paura (che è l’altra faccia della medaglia del coraggio), e soltanto dopo molto tempo guardando indietro puoi riconoscere il significato.
Vedrai come ciò che ti ha messo in difficoltà ti ha anche regalato grandi opportunità di crescita e di miglioramento, sicuramente di autoconsapevolezza.
Non è facile, io ho appena iniziato questa ricerca, ma desidero che mi accompagni per tutta la vita.
Per me voglio questa occasione, la cercherò sempre, soprattutto nei momenti in cui lo scoramento sembra avere la meglio!
Per chi non avesse ancora avuto la possibilità di vederlo o di leggerlo, consiglio di dare uno sguardo al grande discorso di Jobs nel quale parlava di sè (come potrebbe essere diversamente?) e raccontava come ogni passo della sua vita, ogni sfortuna, ogni delusione, ogni errore, ogni persona malvagia abbiano avuto un ruolo fondamentale nel raggiungimento del successo. Tutto ciò, nulla escluso gli ha permesso di diventare ciò che è diventato.
A me basta sapere che posso tenere tutto, che nessuna fatica è stata sprecata, che nessuna tristezza è stata priva di significato.
Che nessuna delusione è riuscita ad avere la meglio, che ciò che ha cercato di schiacciarmi non c’è proprio riuscito, anzi è stato un forte elemento di motivazione!